Dalla guerra la città e la provincia escono duramente colpite, seminate di lutti e di distruzioni. Compiti immani attendono la nuova classe dirigente. Ma sono anche tempi di idee e di progetti, sono i tempi del coraggio e dell’iniziativa.
È coscienza generale che sono da recuperare il valore del dibattito politico ed il ruolo delle pubbliche istituzioni, dopo le mortificanti prevaricazioni della politica. E si avverte che la sede naturale dove avviare e guidare l’operazione di risanamento civile sono i Comuni. Si insediano Luigi Faccio a Palazzo Trissino (Vicenza), Domenico Baron a Palazzo Garbin (Schio), Giangiacomo Thiene a Palazzo Ferrarin (Thiene), Gianfranco Volpato ad Arzignano, Francesco Zanotelli a Valdagno, una classe politica con continuità storica con il prefascismo e che si è forgiata nella guerra di liberazione.
Piuttosto complessa la procedura di formazione delle nuove Giunte fra l’aprile ed il luglio del 1945 (designazione del sindaco e degli assessori da parte del Comitato di liberazione nazionale – CLN – ma con decreto prefettizio del Commissario della Provincia, ratifica del Comitato militare alleato – AMG -). Di quelle fanno parte i rappresentanti di partiti socialista, comunista, democratico-cristiano, azionista, liberale: i partiti, appunto, del CLN. Sono del marzo 1946 le prime elezioni amministrative, il primo voto a suffragio universale. Sono Giunte di unità interpartitica, rappresentative delle forze politiche che avevano partecipato alla Resistenza. Sono formate da uomini di ceti diversi, liberi professionisti, accanto a piccoli imprenditori o semplici lavoratori, tutti caratterizzati politicamente, ma per lo più in linea moderata. Sono uomini che in questi tempi difficili, governano le città ed i paesi; vengono dai gruppi di formazione cattolica, dal socialismo riformista, dal comunismo operaista o di tradizione; hanno cultura e sensibilità personali che li portano a condividere il valore ed il dovere del servizio comune nelle dure esigenze della ricostruzione. È una classe dirigente che, posta di fronte ad un’esperienza nuova e di straordinaria difficoltà, sa di dover rispondere con grande concretezza, ma sa, nel contempo, che il comune democratico è chiamato, in prima linea, ad un rinnovamento civile che andrà a coinvolgere, questa volta in modo radicale, l’istituzione comunale. Si è vicini ormai ad un salto di cultura amministrativa, del quale si sono visti i risultati nel tempo.
L’ente locale si attrezza a rispondere ai più urgenti problemi del dopoguerra nella città stremata e nei paesi. Casa, lavoro, ricostruzione costituiscono le grandi emergenze che si scaricano pesantemente sul Comune, punto nevralgico della vita locale. Operano a pieno ritmo gli uffici comunali e delle istituzioni collegate, quelle dell’assistenza, in prima linea, le Commissioni speciali per il risarcimento dei danni di guerra o per gli alloggi, mentre si allungano paurosamente gli elenchi comunali dei poveri. Il Comune provvede alla ricostruzione del proprio patrimonio edilizio. Si dà priorità alla rimessa in funzione delle scuole.
A Vicenza, già nell’agosto 1945, la Giunta esamina il primo progetto per la ricostruzione del Palazzo di giustizia e nel gennaio ’46 decide la copertura provvisoria della Basilica palladiana. Misurati sulle notorie difficoltà e sulle storiche insufficienze dei Comuni, gli anni 1945-1948 misurano la straordinaria efficienza e positiva sintonia tra pubbliche istituzioni e privati. Sono tempi di sempre più aperta discussione sui temi dell’economia e sul contributo possibile del Comune. Se a Vicenza il sindaco Faccio nel novembre ’47 può ancora dichiarare che “case e pane sono i due problemi vitali”, non si trascurano tuttavia gli impegni per la fiera (la prima campionaria è del settembre ’46 e rapidamente si elevano i padiglioni al giardino Salvi), si promuovono i Magazzini generali e la borsa merci, si aderisce, con altri enti veneti, alle fondamentali operazioni dell’autostrada Milano-Venezia e dell’aeroporto veneziano.
A Schio e Bassano, dal luglio del 1945 al marzo del 1946 i problemi affrontati dalle Amministrazioni comunali furono numerosi e drammatici. Oltre a quello politico dell’epurazione dei fascisti, che creò numerose tensioni fra democristiani e socialcomunisti – i primi inclini a perdonare e minimizzare i misfatti del Fascio, i secondi decisi a punirli -, vi era l’enorme problema della disoccupazione e del sostentamento di centinaia di famiglie, ridotte pressoché alla fame. Sindaco e Giunta affrontarono questo periodo con spirito di grande sacrificio e di sincera concordia e ottennero buoni risultati perché rimisero velocemente in azione molti istituti e organizzazioni economiche, assistenziali e sociali.